DOMENICA 16 DICEMBRE 2018 ( Lc. 3, 10-18)
“Rallegratevi!”
«Bisognerebbe che mi cantassero qualche canto migliore, perché io potessi credere al loro Salvatore. Bisognerebbe che i suoi seguaci avessero l’aria più da salvati».
Così scriveva Nietzsche, nel suo Così parlò Zaratustra, a proposito dei cristiani non senza vena polemica.
Oggi è la domenica Gaudete e, ancor più che la provocazione Nietzchana, è il martellante invito alla gioia da parte della liturgia che non può lasciarci indifferenti.
La sfida che quel filosofo getta ai cristiani è la sfida d’ogni tempo, ossia quella di mostrare con la vita che siamo stati raggiunti e afferrati dalla Bellezza.
Ma basta e avanza la Parola di Dio per sentirci provocati ad un cristianesimo “estetico”, non tanto di spessore, quanto piuttosto di “splendore”.
Forse siamo anche cristiani integerrimi e generosi, ma ci comportiamo come se il nostro impegno fosse un dovere da compiere e non un dono da vivere. Siamo un po’ come quelle tre categorie di persone che andavano da Battista, anche un po’ entusiasti per l’imminenza della salvezza, ma poco capaci di sentirne la bellezza, la potenza rinnovatrice. Più preoccupati di cosa dovere fare che non di chi poter accogliere.
«Che cosa dobbiamo fare?» è la domanda che può scaturire sia dalla paura che dalla gioia.
Allora ci possiamo chiedere qual è la sorgente di questa domanda in noi. La paura di un giudizio imminente o la gioia per la salvezza da accogliere?
Ma qui torniamo alla questione già sollevata qualche tempo fa: ma c’è ancora qualcuno qui che attende una salvezza? Che senta il bisogno di essere salvato?
Se ci guardiamo attorno vediamo una sorta di malcontento generale che ci appiattisce nella ricerca di qualche gratificazione o piacere da godere.
Forse è proprio il non attendere più nulla e più nessuno che ci ha ridotti così.
Ma san Paolo oggi ci fa uno sgambetto con le sue parole “pazze”: «Fratelli, siate sempre lieti nel Signore, ve lo ripeto: siate lieti. La vostra amabilità sia nota a tutti. Il Signore è vicino!
Non angustiatevi per nulla, ma in ogni circostanza fate presenti a Dio le vostre richieste con preghiere, suppliche e ringraziamenti.
E la pace di Dio, che supera ogni intelligenza, custodirà i vostri cuori e le vostre menti in Cristo Gesù». (Fil 4,4-7)
“PAZZE” perché troppo belle!
Il mondo ha bisogno di questa “pazzia” che solo i cristiani possono portare con la loro spregiudicatezza nel credere nella Bellezza, nella bellezza della Verità, nell’Amore: in Gesù!
Oggi siamo invitati ad aprire gli occhi e la mente e gli orecchi e le mani e i piedi e la bocca e tutto per essere invasi non da eserciti di morte, ma da torrenti di speranza, di letizia…il Signore è vicino!
Ma mi sovviene un po’ di tristezza, perché sembra di cantare una canzone a dei sordi, di dipingere un quadro per dei ciechi, di cucinare per degli inappetenti, di abbracciare dei morti.
Perché questa parola di Dio non ci tira fuori dai banchi della chiesa, non ci fa esplodere in canti diversi dal solito “Vieni o Signor la terra in pianto geme”?
Certo che se a Nietzche noi non sapessimo cantare altro che questo, a ragione egli continuerebbe a rimproverarci di non avere un’aria da salvati.
«Che cosa dobbiamo fare?».
Non c’è bisogno certo di spiegarlo ad uno che scopre di essere amato dalla donna che ha sognato per una vita.
Ci sarà se mai il problema opposto, perché quando sei raggiunto dalla bellezza non sai frenare il desiderio di condividere la gioia di questa scoperta e di esprimere con i gesti e la concretezza la novità che questa ha portato in te.

L’OMBRELLO GIALLO ( Bruno Ferrero)
C’era una volta un paese grigio e triste, dove, quando pioveva, tutti gli abitanti giravano per le strade con degli ombrelli neri. Sempre rigorosamente neri.
E sotto l’ombrello tutti avevano una faccia aggrottata e triste. Come, del resto, è giusto che sia sotto un ombrello nero.
Ma un giorno che la pioggia scrosciava, proprio nell’ora di punta, si vide circolare un signore un po’ bizzarro che passeggiava sotto un ombrello giallo.
E come se non bastasse, quel signore sorrideva.
Alcuni passanti lo guardavano scandalizzati e mugugnavano:.
“Guardate che indecenza! E’ veramente ridicolo con quel suo ombrello giallo. Non è serio. La pioggia invece è una cosa seria e un parapioggia deve essere nero”.
Altri montavano in collera e dicevano forte:
“Ma che razza di idea è mai quella di andare in giro con un ombrello giallo? Quel tipo è solo un esibizionista, uno che vuol farsi notare a tutti i costi. Non è per niente divertente!”.
In effetti non c’era niente di divertente in quel paese, doveva piovere sempre e gli ombrelli erano tutti neri.
L’incontro della piccola Marta
Solo la piccola Marta non sapeva cosa pensare.
Un pensiero le ronzava per la mente:
“Quando piove, un ombrello è un ombrello. Che sia giallo oppure nero, quello che conta è avere l’ombrello”.
D’altra parte, quel signore aveva proprio l’aria felice sotto il suo ombrello giallo e Marta si chiedeva perché.
Un giorno, all’uscita della scuola, Marta si accorse di aver dimenticato il suo ombrello a casa.
Scosse le spalle e si incamminò verso casa a testa scoperta, mentre la pioggia le bagnava i capelli.
Dopo un po’, incrociò l’uomo dell’ombrello giallo che le propose sorridendo:
“Vuoi ripararti?”.
Marta esitava: se accettava e si riparava sotto l’ombrello giallo, tutti l’avrebbero presa in giro, ma poi pensò:
“Quando piove, un ombrello è un ombrello. Che sia giallo oppure nero, è sempre meglio avere l’ombrello che non averlo per niente!”.
Così accettò e si riparò sotto l’ombrello giallo accanto al signore gentile.
E allora Marta capì perché quel signore era sempre felice: sotto l’ombrello giallo il cattivo tempo non esisteva più!
C’era un gran sole caldo nel cielo azzurro, e degli uccellini che cinguettavano.

Il segreto dell’ombrello
Marta aveva un’aria così sbalordita che il signore scoppiò in una risata:
“Lo so! Anche tu mi prendi per un pazzo, ma voglio spiegarti tutto.
Un tempo, ero triste anch’io in questo paese dove piove sempre. Avevo anch’io un ombrello nero.
Ma un giorno, uscendo dall’ufficio, dimenticai l’ombrello e partii verso casa a testa scoperta. Per strada incontrai un uomo che mi propose di ripararmi sotto il suo ombrello giallo.
Come te, esitavo perché avevo paura di farmi notare e di rendermi ridicolo, ma poi accettai perché avevo più paura ancora di buscarmi un raffreddore.
Mi accorsi che sotto l’ombrello giallo il cattivo tempo non esisteva più.
Quell’uomo mi insegnò che le persone erano tristi perché non si parlavano da un’ombrello all’altro.
Poi, improvvisamente, l’uomo se ne andò e mi accorsi che avevo il suo ombrello giallo in mano.
Lo rincorsi, ma non riuscii più a trovarlo: era scomparso.
Ho conservato l’ombrello giallo e il bel tempo non mi ha più lasciato”.
Marta esclamò:
“Che storia! E non sente imbarazzo a tenersi l’ombrello di un altro?”.
Il signore rispose:
“No, perché so bene che questo ombrello è di tutti.
Quell’uomo l’aveva senza dubbio ricevuto anche lui da qualche altro”.
ll cambio
Quando arrivarono davanti alla casa di Marta, si dissero arrivederci.
Marta allora si accorse di tenere in mano l’ombrello giallo, ma il signore gentile era già scomparso.
Così Marta conservò l’ombrello giallo, ma sapeva già che quell’ombrello speciale avrebbe ben presto cambiato proprietario e sarebbe passato in tante altre mani, per riparare dalla pioggia tante altre persone e portare loro il bel tempo.

Pace e bene, buona domenica!

+ Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, le folle interrogavano Giovanni, dicendo: «Che cosa dobbiamo fare?». Rispondeva loro: «Chi ha due tuniche, ne dia a chi non ne ha, e chi ha da mangiare, faccia altrettanto».
Vennero anche dei pubblicani a farsi battezzare e gli chiesero: «Maestro, che cosa dobbiamo fare?». Ed egli disse loro: «Non esigete nulla di più di quanto vi è stato fissato».
Lo interrogavano anche alcuni soldati: «E noi, che cosa dobbiamo fare?». Rispose loro: «Non maltrattate e non estorcete niente a nessuno; accontentatevi delle vostre paghe».
Poiché il popolo era in attesa e tutti, riguardo a Giovanni, si domandavano in cuor loro se non fosse lui il Cristo, Giovanni rispose a tutti dicendo: «Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. Tiene in mano la pala per pulire la sua aia e per raccogliere il frumento nel suo granaio; ma brucerà la paglia con un fuoco inestinguibile».
Con molte altre esortazioni Giovanni evangelizzava il popolo.

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