DOMENICA 2 DICEMBRE 2018 (Lc. 21, 25-28.34-36)
Prima Domenica d’Avvento
“ Vegliate ”
Non c’è forse nulla di più vitalizzante che essere attesi. Parimenti attendere è forse l’atteggiamento più espressivo dell’importanza dell’altro.
Don Oreste Benzi diceva che attendere è l’infinito del verbo amare.
Ricorderò sempre quella volta che la mia mamma, già vedova da alcuni anni, tornata da un pellegrinaggio a Loreto e non trovando a casa nessuno che la attendesse, decise di non partire mai più per un viaggio.
Essere attesi da nessuno è un’esperienza di solitudine così estrema da assomigliare alla morte.
Quante persone oggi vivono senza mai nessuno che le attenda!
Oggi inizia il tempo dell’attesa per antonomasia: l’avvento!
La Parola di Dio ce lo presenta come tempo di vigilanza.
Solitamente il verbo “vegliare” ha, ad una lettura superficiale, una connotazione sostanzialmente negativa, onerosa. Si veglia per assistere qualcuno che soffre, per essere pronti nel caso arrivi un ladro, si veglia per poter evitare un pericolo, si veglia per non essere presi in castagna, ecc…
Anche con il Signore applichiamo questi e altri significati non meno fuorvianti.
Così l’invito a vegliare è sentito come una minaccia per non cadere nel giudizio di Dio, il quale sembra più un despota capriccioso che un Padre provvidente e Gesù appare come un giudice che condanna piuttosto che il Signore che salva.
Non che quei significati siano del tutto assenti, ma non sono il primo e principale senso dell’imperativo “vegliate” che compare nei Vangeli.
Gesù invita a vegliare perché la salvezza, liberazione è vicina e non il castigo.
Il vegliare del credente in Cristo si caratterizza per il motivo assolutamente positivo dell’attesa: la salvezza che irrompe!
Chiaramente, come una ragazza si vuole far trovare pronta, preparata bene per l’appuntamento con il suo fidanzato, così colui che attende il Signore - il suo Signore! - si vuole far trovare preparato, pronto per il suo arrivo.
Per questo Gesù esorta a non lasciare che il nostro cuore si appesantisca in cose che lo accecano de anestetizzano. La conversione diviene necessità, ma non per evitare un castigo, bensì per poter accogliere la salvezza.
Quando ero in convento a Nogarole Rocca (VR), capitava che andassi a celebrare la messa nella mia parrocchia di origine. Allora cercavo di passare anche solo per un saluto velocissimo a salutare la mia mamma.
La cosa che mi ha sempre colpito è che mi diceva in dialetto veronese: «Adeso che tò visto mi son contenta!».
E sapevo che potevo arrivare in qualsiasi momento che sarei stato accolto come il Papa, anzi di più.
Mia mamma poteva essere in bagno, in cucina, sottoscala, a fare i lavori più disparati, con la testa in un armadio e le braccia in un altro, a tre metri da terra oppure in cantina, con le mani sporche di farina o i vestiti che usava per curare le galline, ma mi avrebbe accolto come la persona più attesa della terra. In qualsiasi momento!
È proprio bello, pacificante sapersi e sentirsi attesi!
Il mio arrivo era sicuramente improvviso, ma non certo inaspettato…
Questa è l’attesa del credente per cui il Signore ci invita a essere attenti a noi stessi, proprio per non correre il rischio di essere così presi da altre cose o persi in vacuità. Questo sarebbe segno che per noi il Signore non è certo qualcuno che ci interessa e il suo amore un dono che ci riguardi: segno che di questo noi possiamo fare senza!
Ma come diceva una giovane sposa a chi la provocava nella sua fede: «E’ assai meglio credere in Gesù e poi scoprire che non c’è, piuttosto che non credere in lui e poi trovarselo davanti!».
Ma viene da interrogarsi se l’uomo di oggi avverta ancora un bisogno di essere salvato.
al massimo sembra che si senta il bisogno di essere risollevati dalla crisi economica, dal pericolo del terrorismo, dalla crisi politica, culturale…
Direi che se questa crisi culturale ed economica che stiamo vivendo servissero a farci rendere conto che abbiamo bisogno di salvezza, che non bastiamo a noi stessi e che c’è bisogno di un intervento divino, ben venga, allora, sorella crisi culturale ed economica!
È un’illusione, un inganno diabolico pensare che possiamo bastare a noi stessi e che non abbiamo bisogno di nessuno, tanto meno di Dio e della sua salvezza.
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UNO STRANO GIOVANE (Bruno Ferrero)
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Il padrone di una grossa fattoria aveva bisogno di un aiutante che badasse alle stalle e al fienile. Come voleva la tradizione, il giorno della festa del paese, cominciò a cercare. Scorse un ragazzo di 16-17 anni che si aggirava tra i baracconi. Era un tipo alto e magro, che non sembrava molto forte.
«Come ti chiami giovanotto?».
«Alfredo, signore».
«Sto cercando qualcuno che voglia lavorare nella mia fattoria.. Ti intendi di lavori agricoli?».
«Sissignore. Io so dormire in una notte ventosa!».
«Che cosa?» chiese il contadino sorpreso.
«Io so dormire in una notte ventosa».
Il contadino scosse la testa e se ne andò.
Nel tardo pomeriggio, incontrò nuovamente Alfredo e gli rifece la proposta. La risposta di Alfredo fu la medesima: «Io so dormire in una notte ventosa!».
Al contadino serviva un aiutante non un giovanotto che si vantava di dormire nelle notti ventose.
Provò ancora a cercare, ma non trovò nessuno disposto a lavorare nella sua fattoria. Così decise di assumere Alfredo che gli ripeté: «Stia tranquillo, padrone, io so dormire in una notte ventosa».
«D'accordo. Vedremo quello che sai fare».
Alfredo lavorò nella fattoria per diverse settimane. Il padrone era molto occupato e non faceva molta attenzione a quello che faceva il giovane.
Poi una notte fu svegliato dal vento. Il vento ululava tra gli alberi, ruggiva giù per i camini, scuoteva le finestre.
Il contadino saltò giù dal letto. La bufera avrebbe potuto spalancare le porte della stalla, spaventare cavalli e mucche, sparpagliare il fieno e la paglia, combinare ogni sorta di guai.
Corse a bussare alla porta di Alfredo, ma non ebbe risposta. Bussò più forte.
«Alfredo, alzati! Vieni a darmi una mano, prima che il vento distrugga tutto!».
Ma Alfredo continuò a dormire.
Il contadino non aveva tempo da perdere. Si precipitò giù per le scale, attraversò di corsa l'aia e raggiunse la cascina.
Ed ebbe una bella sorpresa.
Le porte delle stalle erano saldamente chiuse e le finestre erano bloccate. Il fieno e la paglia erano coperti e legati in modo tale da non poter essere soffiati via. I cavalli erano al sicuro, e i maiali e le galline erano quieti. All'esterno il vento soffiava con impeto. Dentro la cascina, gli animali erano calmi e tutto era al sicuro.
D'improvviso il contadino scoppiò in una sonora risata. Aveva capito che cosa intendeva dire Alfredo quando affermava di saper dormire in una notte ventosa.
Il giovane faceva bene il suo lavoro ogni giorno. Si assicurava che tutto fosse a posto. Chiudeva accuratamente porte e finestre e si prendeva cura degli animali. Si preparava alla bufera ogni giorno. Per questo non la temeva più.
Tu, riesci a dormire in questa lunga notte di vento che è la tua vita?
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Quando sei preparato spiritualmente, mentalmente e fisicamente, non hai niente da temere.
Puoi dormire quando il vento soffia per la tua vita?
Il bracciante agricolo nella storia è capace di dormire perché ha messo al sicuro la fattoria contro la tempesta.
Assicuriamoci contro le tempeste della nostra vita trovando equilibrio e sicurezza nella Parola di Dio.
Non c'e bisogno di capire, dobbiamo solo stringere le sue mani per avere pace anche in mezzo alla tempesta.
Pace e bene, buona domenica e buon Avvento

+ Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: 
«Vi saranno segni nel sole, nella luna e nelle stelle, e sulla terra angoscia di popoli in ansia per il fragore del mare e dei flutti, mentre gli uomini moriranno per la paura e per l’attesa di ciò che dovrà accadere sulla terra. Le potenze dei cieli infatti saranno sconvolte.
Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire su una nube con grande potenza e gloria.
Quando cominceranno ad accadere queste cose, risollevatevi e alzate il capo, perché la vostra liberazione è vicina.
State attenti a voi stessi, che i vostri cuori non si appesantiscano in dissipazioni, ubriachezze e affanni della vita e che quel giorno non vi piombi addosso all’improvviso; come un laccio infatti esso si abbatterà sopra tutti coloro che abitano sulla faccia di tutta la terra. Vegliate in ogni momento pregando, perché abbiate la forza di sfuggire a tutto ciò che sta per accadere, e di comparire davanti al Figlio dell’uomo».

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