GIOVEDì 13 DICEMBRE 2018 (Mt. 11, 11-15)
"Vermiciattolo"
Se volete comprendere....
Il Signore ci invita ad essere accorti e sinceri.
"Accorti", perchè i segni della sua presenza non solo non mancano, ma sono di un'eloquenza che assomiglia all'evidenza.
"Sinceri", perchè si tratta di essere disponibili a riconoscerli come segni; disponibili ad ascoltare e a vedere.
"Accorti", perchè i segni della sua presenza non solo non mancano, ma sono di un'eloquenza che assomiglia all'evidenza.
"Sinceri", perchè si tratta di essere disponibili a riconoscerli come segni; disponibili ad ascoltare e a vedere.
Il Signore non obbliga, non costringe mai nessuno ad accoglierlo e ad aderire a lui.
Egli offre ripetuti segni della sua presenza, della sua fedeltà, della sua affidabilità, ma ce li offre come occasione
per essere protagonisti nella relazione con lui.
Egli desidera essere voluto, scelto, amato come del resto ciascuno di noi lo desidera per sè.
Ma egli desidera essere scelto non perchè a lui piace, lo fa stare bene, lo gratifica o ne ha bisogno per sentirsi vivo, bensì perchè solo in quel modo noi potremo essere felici o, per dirla come la direbbe lui, beati.
Egli offre ripetuti segni della sua presenza, della sua fedeltà, della sua affidabilità, ma ce li offre come occasione
per essere protagonisti nella relazione con lui.
Egli desidera essere voluto, scelto, amato come del resto ciascuno di noi lo desidera per sè.
Ma egli desidera essere scelto non perchè a lui piace, lo fa stare bene, lo gratifica o ne ha bisogno per sentirsi vivo, bensì perchè solo in quel modo noi potremo essere felici o, per dirla come la direbbe lui, beati.
Egli desidera essere scelto come Dio così da poter agire da Dio nella nostra vita. Non abbaglia con segni portentosi, ma conquista con la delicatezza della sua presenza.
Egli è colui che viene, il Veniente.
Ossia colui che è verso di noi come colui che continuamente viene, in atteggiamento di continua e permanente venuta.
In questo senso egli è vicino, non semplicemente nel senso povero che manca poco perchè arrivi.
Egli è colui che viene, il Veniente.
Ossia colui che è verso di noi come colui che continuamente viene, in atteggiamento di continua e permanente venuta.
In questo senso egli è vicino, non semplicemente nel senso povero che manca poco perchè arrivi.
Ricordo quando alle medie ero in seminario a Verona e in estate si andava 15 giorni in una casa in montagna a Roverè Veronese.
La domenica di mezzo potevano salire i genitori a trovarci. Era un giorno attessissimo, almeno da me.
Allora un po' prima dell'orario che sapevo sarebbero arrivati, scendevo a piedi lungo la strada fino ad un punto da cui si vedevano, in lontananza i tornanti dove sarebbe passata la macchina del mio papà.
Erano così lontani che le automobili sembravano dei modellini con cui a quei tempi da bambini si giocava volentieri. Eppure era tanto il mio desiderio di vederlie e la mia attesa gravida di quell'incontro che sapevo riconoscere la loro macchina a Chilometri di distanza, sull'altro versante della piccola valle che separe Cerro Veronese da Roverè.
La domenica di mezzo potevano salire i genitori a trovarci. Era un giorno attessissimo, almeno da me.
Allora un po' prima dell'orario che sapevo sarebbero arrivati, scendevo a piedi lungo la strada fino ad un punto da cui si vedevano, in lontananza i tornanti dove sarebbe passata la macchina del mio papà.
Erano così lontani che le automobili sembravano dei modellini con cui a quei tempi da bambini si giocava volentieri. Eppure era tanto il mio desiderio di vederlie e la mia attesa gravida di quell'incontro che sapevo riconoscere la loro macchina a Chilometri di distanza, sull'altro versante della piccola valle che separe Cerro Veronese da Roverè.
Ecco, il Signore ci chiede di avere questa trepidazione, questi orecchi con cui ascoltare o occhi con cui vedere e riconoscere che egli è alle porte, egli è già.
Chi ha orecchi ascolti!
E perchè non ci venga la tentazione di pensare che davanti a lui ci dobbiamo nascondere, perchè siamo piccoli, poveri, peccatori, la liturgia oggi ci offre uan lettura meravigliosa, tratta dal libro del profeta Isaia.
Il nostro niente, il nostro essere "vermiciattolo" è da Dio visto come occasione in cui venire in nostro aiuto.
Il Dio di Gesù è un Dio che viene in aiuto soprattutto a chi ha orecchi e ascolta. Ossia a chi si riconosce vermiciattolo, scoraggiato, misero.
Dio viene incontro all'uomo che non sa cosa fare di se stesso e gli sussurra questa parola: " Non temere, io vengo in tuo aiuto!...Forse è vero che nessuno ti sa e ti può aiutare nè salvare, ma io sì!".
Il Dio di Gesù è un Dio che viene in aiuto soprattutto a chi ha orecchi e ascolta. Ossia a chi si riconosce vermiciattolo, scoraggiato, misero.
Dio viene incontro all'uomo che non sa cosa fare di se stesso e gli sussurra questa parola: " Non temere, io vengo in tuo aiuto!...Forse è vero che nessuno ti sa e ti può aiutare nè salvare, ma io sì!".
In quanti e quante volte vorremmo buttarci via, perchè ci sentiamo e ci vediamo sbagliati, meschini, vermi e larve e anche peggio!
Ebbene: egli viene per i vermiciattoli e le larve di questo mondo.
Ebbene: egli viene per i vermiciattoli e le larve di questo mondo.
Egli non ci dice: " Oh no! Poverino, non dire così! Non è vero che sei un vermiciattolo, dai su...".
Egli fa verità in noi e non si e non ci nasconde che siamo così, meschini tante volte e miseri.
Ma fa questa verità perchè egli è Dio e non ci umilia, ma ci salva, perchè ci ama proprio così come siamo, senza aspettare che diveniamo farfalle.
Anzi è proprio e soltanto questo suo amore per noi che permetterà a questi vermiciattoli di diventare farfalle.
Egli fa verità in noi e non si e non ci nasconde che siamo così, meschini tante volte e miseri.
Ma fa questa verità perchè egli è Dio e non ci umilia, ma ci salva, perchè ci ama proprio così come siamo, senza aspettare che diveniamo farfalle.
Anzi è proprio e soltanto questo suo amore per noi che permetterà a questi vermiciattoli di diventare farfalle.
IL BRUCO E IL GELSO (Bruno Ferrero)
C’era una volta un gelso centenario, pieno di rughe e di saggezza, che ospitava una colonia di piccoli bruchi.
Erano bruchi onesti, laboriosi, di poche pretese.
Mangiavano, dormivano e, salvo qualche capatina al bar del penultimo ramo a destra, non facevano chiasso.
La vita scorreva monotona, ma serena e tranquilla.
Faceva eccezione il periodo delle elezioni, durante il quale i bruchi si scaldavano un po’ per le insanabili divergenze tra la destra, la sinistra e il centro.
I bruchi di destra sostengono che si comincia a mangiare la foglia da destra, i bruchi di sinistra sostengono il contrario, quelli di centro cominciano a mangiare dove capita.
Alle foglie naturalmente nessuno chiedeva mai un parere. Tutti trovavano naturale che fossero fatte per essere rosicchiate.
Il buon vecchio gelso nutriva tutti e passava il tempo sonnecchiando, cullato dal rumore delle instancabili mandibole dei suoi ospiti.
Bruco Giovanni era tra tutti il più curioso, quello che con maggiore frequenza si fermava a parlare con il vecchio e saggio gelso.
“Sei veramente fortunato, vecchio mio”, diceva Giovanni al gelso.
“Te ne stai tranquillo in ogni caso.
Sai che dopo l’estate verrà l’autunno, poi l’inverno, poi tutto ricomincerà.
Per noi la vita è così breve. Un lampo, un rapido schioccar di mandibole e tutto è finito”.
Il gelso rideva e rideva, tossicchiando un po’:
“Giovanni, Giovanni, ti ho spiegato mille volte che non finirà così! Diventerai una creatura stupenda, invidiata da tutti, ammirata…”.
Giovanni agitava il testone e brontolava:
“Non la smetti mai di prendermi in giro. Lo so bene che noi bruchi siamo detestati da tutti. Facciamo ribrezzo.
Nessun poeta ci ha mai dedicato una poesia.Tutto quello che dobbiamo fare è mangiare e ingrassare. E basta”.
“Ma Giovanni”, chiese una volta il gelso, “tu non sogni mai?”.
Il bruco arrossì.
“Qualche volta”, rispose timidamente.
“E che cosa sogni?”.
“Gli angeli”, disse, “creature che volano, in un mondo stupendo”.
“E nel sogno sei uno di quelli?”. “…Sì”, mormorò con un fil di voce il bruco Giovanni, arrossendo di nuovo.
Ancora una volta, il gelso scoppiò a ridere.
“Giovanni, voi bruchi siete le uniche creature i cui sogni
si avverano e non ci credete!”.
Qualche volta, il bruco Giovanni ne parlava con gli amici. “Chi ti mette queste idee in testa?”, brontolava Pierbruco.
“Il tempo vola, non c’è niente dopo! Niente di niente.
Si vive una volta sola: mangia, bevi e divertiti
più che puoi!
“Ma il gelso dice che ci trasformeremo in bellissimi esseri alati…”.
“Stupidaggini. Inventano di tutto per farci stare buoni”, rispondeva l’amico. Giovanni scrollava la testa e ricominciava a mangiare.
“Presto tutto finirà…scrunch… Non c’è niente dopo…scrunch…
Certo, io mangio..scrunch, bevo e mi diverto più che posso…scrunch…
ma…scrunch…non sono felice…scrunch.
I sogni resteranno sempre sogni.
Non diventeranno mai realtà. Sono sono illusioni”, bofonchiava, lavorando di mandibole.
Ben presto i tiepidi raggi del sole autunnale cominciarono ad illuminare tanti piccoli bozzoli bianchi tondeggianti sparsi qua e là sulle foglie del vecchio gelso.
Un mattino,anche Giovanni, spostandosi con estrema lentezza, come in preda ad un invincibile torpore, si rivolse al gelso.
“Sono venuto a salutarti.
E’ la fine. Guarda sono l’ultimo.
Ci sono solo tombe in giro. E ora devo costruirmi la mia!”. “Finalmente!
Potrò far ricrescere un pò di foglie!
Ho già incominciato a godermi il silenzio!
Mi avete praticamente spogliato!
Arrivederci, Giovanni!”, sorrise il gelso.
“Ti sbagli gelso.
Questo…sigh…è…è un addio, amico!”,
disse il bruco con il cuore gonfio di tristezza.
“Un vero addio. I sogni non si avverano mai, resteranno sempre e solo sogni. Sigh!”.
Lentamente, Giovanni cominciò a farsi un bozzolo.
“Oh”, ribatté il gelso, “vedrai”.
E cominciò a cullare i bianchi bozzoli appesi ai suoi rami.
A primavera, una bellissima farfalla dalle ali rosse e gialle volava leggera intorno al gelso.
“Ehi, gelso, cosa fai di bello? Non sei felice per questo sole di primavera?”.
“Ciao Giovanni! Hai visto, che avevo ragione io?”sorrise il vecchio albero.
“O ti sei già dimenticato di come eri poco tempo fa?”.
Erano bruchi onesti, laboriosi, di poche pretese.
Mangiavano, dormivano e, salvo qualche capatina al bar del penultimo ramo a destra, non facevano chiasso.
La vita scorreva monotona, ma serena e tranquilla.
Faceva eccezione il periodo delle elezioni, durante il quale i bruchi si scaldavano un po’ per le insanabili divergenze tra la destra, la sinistra e il centro.
I bruchi di destra sostengono che si comincia a mangiare la foglia da destra, i bruchi di sinistra sostengono il contrario, quelli di centro cominciano a mangiare dove capita.
Alle foglie naturalmente nessuno chiedeva mai un parere. Tutti trovavano naturale che fossero fatte per essere rosicchiate.
Il buon vecchio gelso nutriva tutti e passava il tempo sonnecchiando, cullato dal rumore delle instancabili mandibole dei suoi ospiti.
Bruco Giovanni era tra tutti il più curioso, quello che con maggiore frequenza si fermava a parlare con il vecchio e saggio gelso.
“Sei veramente fortunato, vecchio mio”, diceva Giovanni al gelso.
“Te ne stai tranquillo in ogni caso.
Sai che dopo l’estate verrà l’autunno, poi l’inverno, poi tutto ricomincerà.
Per noi la vita è così breve. Un lampo, un rapido schioccar di mandibole e tutto è finito”.
Il gelso rideva e rideva, tossicchiando un po’:
“Giovanni, Giovanni, ti ho spiegato mille volte che non finirà così! Diventerai una creatura stupenda, invidiata da tutti, ammirata…”.
Giovanni agitava il testone e brontolava:
“Non la smetti mai di prendermi in giro. Lo so bene che noi bruchi siamo detestati da tutti. Facciamo ribrezzo.
Nessun poeta ci ha mai dedicato una poesia.Tutto quello che dobbiamo fare è mangiare e ingrassare. E basta”.
“Ma Giovanni”, chiese una volta il gelso, “tu non sogni mai?”.
Il bruco arrossì.
“Qualche volta”, rispose timidamente.
“E che cosa sogni?”.
“Gli angeli”, disse, “creature che volano, in un mondo stupendo”.
“E nel sogno sei uno di quelli?”. “…Sì”, mormorò con un fil di voce il bruco Giovanni, arrossendo di nuovo.
Ancora una volta, il gelso scoppiò a ridere.
“Giovanni, voi bruchi siete le uniche creature i cui sogni
si avverano e non ci credete!”.
Qualche volta, il bruco Giovanni ne parlava con gli amici. “Chi ti mette queste idee in testa?”, brontolava Pierbruco.
“Il tempo vola, non c’è niente dopo! Niente di niente.
Si vive una volta sola: mangia, bevi e divertiti
più che puoi!
“Ma il gelso dice che ci trasformeremo in bellissimi esseri alati…”.
“Stupidaggini. Inventano di tutto per farci stare buoni”, rispondeva l’amico. Giovanni scrollava la testa e ricominciava a mangiare.
“Presto tutto finirà…scrunch… Non c’è niente dopo…scrunch…
Certo, io mangio..scrunch, bevo e mi diverto più che posso…scrunch…
ma…scrunch…non sono felice…scrunch.
I sogni resteranno sempre sogni.
Non diventeranno mai realtà. Sono sono illusioni”, bofonchiava, lavorando di mandibole.
Ben presto i tiepidi raggi del sole autunnale cominciarono ad illuminare tanti piccoli bozzoli bianchi tondeggianti sparsi qua e là sulle foglie del vecchio gelso.
Un mattino,anche Giovanni, spostandosi con estrema lentezza, come in preda ad un invincibile torpore, si rivolse al gelso.
“Sono venuto a salutarti.
E’ la fine. Guarda sono l’ultimo.
Ci sono solo tombe in giro. E ora devo costruirmi la mia!”. “Finalmente!
Potrò far ricrescere un pò di foglie!
Ho già incominciato a godermi il silenzio!
Mi avete praticamente spogliato!
Arrivederci, Giovanni!”, sorrise il gelso.
“Ti sbagli gelso.
Questo…sigh…è…è un addio, amico!”,
disse il bruco con il cuore gonfio di tristezza.
“Un vero addio. I sogni non si avverano mai, resteranno sempre e solo sogni. Sigh!”.
Lentamente, Giovanni cominciò a farsi un bozzolo.
“Oh”, ribatté il gelso, “vedrai”.
E cominciò a cullare i bianchi bozzoli appesi ai suoi rami.
A primavera, una bellissima farfalla dalle ali rosse e gialle volava leggera intorno al gelso.
“Ehi, gelso, cosa fai di bello? Non sei felice per questo sole di primavera?”.
“Ciao Giovanni! Hai visto, che avevo ragione io?”sorrise il vecchio albero.
“O ti sei già dimenticato di come eri poco tempo fa?”.
Pace e bene, buona giornata!
+ Dal Vangelo secondo Matteo
In quel tempo, Gesù disse alle folle:
«In verità io vi dico: fra i nati da donna non è sorto alcuno più grande di Giovanni il Battista; ma il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui.
Dai giorni di Giovanni il Battista fino ad ora, il regno dei cieli subisce violenza e i violenti se ne impadroniscono.
Tutti i Profeti e la Legge infatti hanno profetato fino a Giovanni. E, se volete comprendere, è lui quell’Elìa che deve venire.
Chi ha orecchi, ascolti!».
«In verità io vi dico: fra i nati da donna non è sorto alcuno più grande di Giovanni il Battista; ma il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui.
Dai giorni di Giovanni il Battista fino ad ora, il regno dei cieli subisce violenza e i violenti se ne impadroniscono.
Tutti i Profeti e la Legge infatti hanno profetato fino a Giovanni. E, se volete comprendere, è lui quell’Elìa che deve venire.
Chi ha orecchi, ascolti!».
Commenti
Posta un commento