VENERDì 11 GENNAIO 2019 (Lc.5,12-16)
“Lebbra”
Se, tra la fine degli anni ottanta e l’inizio degli anni novanta del secolo scorso, andavate in un reparto di malattie infettive trovavate un corridoio riservato ai malati di AIDS.
Allora era una malattia che spaventava terribilmente e costringeva, chi ne era affetto, ad un isolamento simile a quello sperimentato dai lebbrosi ai tempi di Gesù e anche di san Francesco.
Quando si entrava in quel reparto ci si rendeva subito conto di avere a che fare con un mondo parallelo, un mondo di emarginati, di tagliati fuori.
Ricordo molto bene l’impressione che mi fece quando vi andai assieme ad un amico: non ero ancora frate ed ero un giovane studente universitario.
Era un sabato mattina.
Il medico di guardia ci accompagnò a vedere i pazienti chiusi nelle camere di isolamento.
Prima uno, poi un altro, quindi un altro ancora, finché giungemmo all’ultima stanza.
Era un sabato mattina.
Il medico di guardia ci accompagnò a vedere i pazienti chiusi nelle camere di isolamento.
Prima uno, poi un altro, quindi un altro ancora, finché giungemmo all’ultima stanza.
Qui incontrammo una ragazza molto giovane, magrissima, deperita, pallidissima.
Provai una tenerezza infinita nel vedere come cercasse in tutti i modi un contatto fisico, fino ad accontentarsi che toccassi il suo asciugamano.
Ancora mi commuovo a questo ricordo che si è impresso in maniera indelebile dentro di me.
Mi pregò con tutta la delicatezza, umiltà e gentilezza di cui era capace di prendere in mano il suo asciugamano, perché nessuno più, nemmeno i famigliari, aveva il coraggio di avvicinarla, di toccarla e di abbracciarla per la paura, immotivata, del contagio.
Mi pregò con tutta la delicatezza, umiltà e gentilezza di cui era capace di prendere in mano il suo asciugamano, perché nessuno più, nemmeno i famigliari, aveva il coraggio di avvicinarla, di toccarla e di abbracciarla per la paura, immotivata, del contagio.
Ci spiegava il medico che era un fenomeno frequente perché questo genere di pazienti era evitato da tutti e nessuno voleva più entrare in contatto con loro, proprio come accadeva con i lebbrosi del tempo di Gesù.
Questa esperienza mi ha segnato profondamente e mi ritorna nella carne ora davanti a questo gesto tenerissimo di Gesù, che si lascia avvicinare dal lebbroso e poi lo tocca.
Gesù lo tocca ancora prima che sia guarito, quando ancora è lebbroso, putrido, fetido ed è a questo tocco che il lebbroso guarisce.
E facciamo la scoperta che il Signore vuole che il lebbroso sia purificato.
Il Signore lo vuole!
Noi che pensiamo più facilmente che una guarigione del genere sia una concessione, una deroga, un “chiudere un occhio” da parte di Dio e che, quindi,
non sia proprio-proprio quello che Dio vuole.
non sia proprio-proprio quello che Dio vuole.
Qui scopriamo che il Signore vuole proprio ciò che il lebbroso vuole, ossia che sia purificato.
Che meraviglia!
Dovremmo meravigliarci di meravigliarci!
Dovremmo meravigliarci di meravigliarci!
Gesù dà una “terapia”: andare dal sacerdote a fare le offerte prescritte e a ratificare l’avvenuta guarigione.
In altre parole, la guarigione non è finita, ma si completa in una vita che sta davanti, vissuta bene.
In altre parole, la guarigione non è finita, ma si completa in una vita che sta davanti, vissuta bene.
Gesù poi ordina di non dirlo a nessuno. Perché? Non vi sembra strana questa cosa?
Gesù teme di essere frainteso, col rischio che si cerchi di distoglierlo dalla sua missione. Egli infatti non è venuto semplicemente per guarire o per sfamare, bensì per salvare. Ma su questo avremo modo di riflettere ancora.
Vorrei piuttosto che ci concentrassimo su questo “lasciarsi avvicinare” di Gesù.
Da un lato è un atteggiamento che dà speranza, perché significa che anche noi possiamo avvicinarci a lui. Non c’è bruttura, non c’è lebbra che tenga.
Da un lato è un atteggiamento che dà speranza, perché significa che anche noi possiamo avvicinarci a lui. Non c’è bruttura, non c’è lebbra che tenga.
Dall’altro lato è un qualcosa di veramente provocatorio per noi.
Noi siamo avvicinabili dagli altri? Siamo avvicinabili dai “lebbrosi”?
Le nostre comunità cristiane sono avvicinabili?
Noi siamo avvicinabili dagli altri? Siamo avvicinabili dai “lebbrosi”?
Le nostre comunità cristiane sono avvicinabili?
Cosa avrà spinto quell’uomo coperto di lebbra ad avvicinarsi a Gesù senza paura, in un contesto in cui un lebbroso doveva gridare che era immondo in modo che la gente potesse evitarlo?
Avrà sentito dire che Gesù stava a mensa con i peccatori, che perdonava i peccati, che guariva i malati e cacciava i demoni.
Avrà sentito dire che giocava con i bambini e che parlava di perdono e di amore per i nemici.
Avrà sentito dire anche tante altre cose, quelle che anche noi conosciamo perchè sono scritte nel Vangelo.
Avrà sentito dire che giocava con i bambini e che parlava di perdono e di amore per i nemici.
Avrà sentito dire anche tante altre cose, quelle che anche noi conosciamo perchè sono scritte nel Vangelo.
Ebbene, credo che proprio su questo ci dobbiamo interrogare: cosa vedono i “lebbrosi” nelle nostre comunità cristiane? Si sentono di potersi avvicinare o piuttosto che devono gridare cosicchè possiamo evitarli?
Solo un’attenzione che ci preserva dal pericolo reale di cadere nella demagogia: non riduciamo i “lebbrosi” ai poveri o ai migranti né a qualsiasi altra categoria.
Cerchiamo, piuttosto, di non creare noi ancora nuovi lebbrosi con un atteggiamento che ci rende inavvicinabili.
UN SORRISO ALL'AURORA (Una toccante testimonianza di Raoul Follereau)
Si trovava in un lebbrosario in un'isola del Pacifico.
Un incubo di orrore. Solo cadaveri ambulanti, disperazione, rabbia, piaghe e mutilazioni orrende.
Eppure, in mezzo a tanta devastazione, un anziano malato conservava occhi sorprendentemente luminosi e sorridenti. Soffriva nel corpo, come i suoi infelici compagni, ma dimostrava attaccamento alla vita, non disperazione, e dolcezza nel trattare gli altri.
Un incubo di orrore. Solo cadaveri ambulanti, disperazione, rabbia, piaghe e mutilazioni orrende.
Eppure, in mezzo a tanta devastazione, un anziano malato conservava occhi sorprendentemente luminosi e sorridenti. Soffriva nel corpo, come i suoi infelici compagni, ma dimostrava attaccamento alla vita, non disperazione, e dolcezza nel trattare gli altri.
Incuriosito da quel vero miracolo di vita, nell'inferno del lebbrosario, Follereau volle cercarne la spiegazione: che cosa mai poteva dare tanta forza di vivere a quel vecchio così colpito dal male?
Lo pedinò, discretamente.
Scoprì che, immancabilmente, allo spuntar dell'alba, il vecchietto si trascinava al recinto che circondava il lebbrosario, e raggiungeva un posto ben preciso.
Si metteva a sedere e aspettava.
Non era il sorgere del sole che aspettava. Né lo spettacolo dell'aurora del Pacifico.
Scoprì che, immancabilmente, allo spuntar dell'alba, il vecchietto si trascinava al recinto che circondava il lebbrosario, e raggiungeva un posto ben preciso.
Si metteva a sedere e aspettava.
Non era il sorgere del sole che aspettava. Né lo spettacolo dell'aurora del Pacifico.
Aspettava fino a quando, dall'altra parte del recinto, spuntava una donna, anziana anche lei, con il volto coperto di rughe finissime, gli occhi pieni di dolcezza.
La donna non parlava.
Lanciava solo un messaggio silenzioso e discreto: un sorriso.
Ma l'uomo si illuminava a quel sorriso e rispondeva con un altro sorriso.
La donna non parlava.
Lanciava solo un messaggio silenzioso e discreto: un sorriso.
Ma l'uomo si illuminava a quel sorriso e rispondeva con un altro sorriso.
Il muto colloquio durava pochi istanti, poi il vecchietto si rialzava e trotterellava verso le baracche.
Tutte le mattine.
Una specie di comunione quotidiana.
Il lebbroso, alimentato e fortificato da quel sorriso, poteva sopportare una nuova giornata e resistere fino al nuovo appuntamento con il sorriso di quel volto femminile.
Una specie di comunione quotidiana.
Il lebbroso, alimentato e fortificato da quel sorriso, poteva sopportare una nuova giornata e resistere fino al nuovo appuntamento con il sorriso di quel volto femminile.
Quando Follereau glielo chiese, il lebbroso gli disse:
"E' mia moglie!".
E dopo un attimo di silenzio: "Prima che venissi qui, mi ha curato in segreto, con tutto ciò che riusciva a trovare. Uno stregone le aveva dato una pomata. Lei tutti i giorni me ne spalmava la faccia, salvo una piccola parte, sufficiente per apporvi le sue labbra per un bacio...
Ma tutto è stato inutile.
E dopo un attimo di silenzio: "Prima che venissi qui, mi ha curato in segreto, con tutto ciò che riusciva a trovare. Uno stregone le aveva dato una pomata. Lei tutti i giorni me ne spalmava la faccia, salvo una piccola parte, sufficiente per apporvi le sue labbra per un bacio...
Ma tutto è stato inutile.
Allora mi hanno preso, mi hanno portato qui.
Ma lei mi ha seguito. E quando ogni giorno la rivedo, solo da lei so che sono ancora vivo, solo per lei mi piace ancora vivere".
Ma lei mi ha seguito. E quando ogni giorno la rivedo, solo da lei so che sono ancora vivo, solo per lei mi piace ancora vivere".
Pace e bene, buona giornata!
https://www.facebook.com/fratimonteveglio/videos/2051979984918231/
https://youtu.be/C6OYmmMicsA
Dal Vangelo secondo Luca
Un giorno, mentre Gesù si trovava in una città, ecco, un uomo coperto di lebbra lo vide e gli si gettò dinanzi, pregandolo: «Signore, se vuoi, puoi purificarmi».
Gesù tese la mano e lo toccò dicendo: «Lo voglio, sii purificato!». E immediatamente la lebbra scomparve da lui. Gli ordinò di non dirlo a nessuno: «Va’ invece a mostrarti al sacerdote e fa’ l’offerta per la tua purificazione, come Mosè ha prescritto, a testimonianza per loro».
Di lui si parlava sempre di più, e folle numerose venivano per ascoltarlo e farsi guarire dalle loro malattie. Ma egli si ritirava in luoghi deserti a pregare.
Gesù tese la mano e lo toccò dicendo: «Lo voglio, sii purificato!». E immediatamente la lebbra scomparve da lui. Gli ordinò di non dirlo a nessuno: «Va’ invece a mostrarti al sacerdote e fa’ l’offerta per la tua purificazione, come Mosè ha prescritto, a testimonianza per loro».
Di lui si parlava sempre di più, e folle numerose venivano per ascoltarlo e farsi guarire dalle loro malattie. Ma egli si ritirava in luoghi deserti a pregare.
Per avere un contatto non bisogna x forza averlo solo con persone non difficoltà.queste sono le prime .ma tutti abbiamo bisogno di esser toccati.da DIO.e dagli uomini
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